La matematica che si può imparare

Lo scopo di questa analisi è quello di mettere in luce la relazione tra i significati matematici che possono essere obiettivo di apprendimento a livello di scuola primaria e l’attività di gioco con CLS così come previsto dalle regole del gioco originali e da possibili varianti.

Parleremo di analisi del “potenziale semiotico” in riferimento alla Teoria della Mediazione Semiotica così come presentata da Bartolini Bussi e Mariotti (2009), approccio teorico finalizzato a descrivere il ruolo di un artefatto nel processo di insegnamento/apprendimento della matematica. Queste autrici pongono l’artefatto al centro di una rete di relazioni. Da un lato troviamo la relazione tra artefatto e conoscenza che può essere espressa da alcuni segni, culturalmente determinati, prodotti dallo sviluppo culturale e cristallizzanti il significato delle operazioni compiute con l’artefatto. Nel caso di CDS pensiamo sia ai simboli rappresentati sui tasti della scatola (o sulle facce dei dadi), sia ai segni utilizzati per rappresentare le operazioni aritmetiche (sostanzialmente di somma), quali parole e simboli (“addizione” “sommare” “fare il più” “+” “=” ecc.). Dall’altro lato abbiamo la relazione tra l’artefatto e il compito che con esso viene svolto, nel nostro caso il gioco. Durante questa pratica emergono segni situati, che hanno un forte legame con le operazioni svolte. Per esempio, il bambino che gioca può riferirsi a “abbassare i tasti” per indicare quella che l’adulto vede come un’addizione. Questa dualità corrisponde a quella tra concetti quotidiani e scientifici che troviamo in Vygotskij (1934/1990).

Sostengono le due autrici:

A causa di questa doppia relazione l’artefatto può funzionare come un mediatore semiotico e non semplicemente come un mediatore, ma una tale funzione di mediazione semiotica non è attivata automaticamente. Noi sosteniamo che la funzione di mediazione semiotica di un artefatto possa essere utilizzata da un esperto (in particolare l’insegnante) che sia consapevole del potenziale semiotico dell’artefatto sia in termini di significati matematici che in termini di significati personali. […] l’insegnante agisce come mediatore che utilizza l’artefatto per mediare contenuti matematici agli studenti.


La consapevolezza del potenziale semiotico è un requisito necessario perché tale processo di mediazione semiotica possa essere espletato. Occorre quindi analizzare a priori tale potenziale mettendo in luce quelle relazioni che intercorrono tra il particolare artefatto analizzato, i compiti con esso svolti e la matematica che (all’occhio dell’esperto) è ad essi collegata.

Nel caso di CLS sono coinvolti vari importanti compiti di tipo matematico: riconoscimenti di numeri (in varie rappresentazioni); determinazione di somme; scomposizione di un numero in una somma; confronto e/o ordinamento di numeri. Questa affermazione viene meglio argomentata, per ciascun compito, di seguito. Intanto possiamo già notare che questi compiti fanno riferimento a sei delle otto componenti che Sayers e Andrews (2015) utilizzano per definire il foundational number sense (senso del numero fondazionale, FoNS):


  1. Conoscenza dei simboli e delle parole associati ai numeri: capacità di identificare una particolare cifra e dare un nome a quel simbolo.

  2. Conteggio sistematico: capacità di contare (in avanti o all’indietro) fino a 20, partendo da 1 o da qualsiasi altro numero.

  3. Consapevolezza della relazione tra numeri e quantità: il bambino comprende che, quando ha contato, l’ultimo numero della conta corrisponde alla quantità di oggetti contanti.

  4. Discernimento di quantità: il bambino è in grado di confrontare grandezze, usando parole come “più grande” o “più piccolo”

  5. Conoscenza di differenti rappresentazioni del numero: il bambino è in grado di rappresentare il numero con la cifra corrispondente, con le mani, sulla linea dei numeri...

  6. Stima: il bambino riesce a stimare la dimensione di un oggetto o la numerosità di un piccolo gruppo di oggetti.

  7. Semplici operazioni aritmetiche: il bambino è in grado di calcolare semplici addizioni e sottrazioni.

  8. Sequenze di numeri: il bambino è in grado di trovare il numero mancante in una semplice sequenza numerica.


Possiamo notare che i primi tre corrispondono a quelli che sono stati indicati come prerequisiti nella sezione precedente. Secondo questi autori, il senso del numero applicato (applied number sense) si riferisce alle competenze che preparano lo studente alla vita adulta; il senso del numero preverbale (preverbal number sense) si riferisce alle capacità innate che ciascun umano possiede; il FoNS viene invece acquisito (sulla base di quello preverbale) e non interviene tanto nel mondo fuori dalla scuola, quanto nel preparare lo studente per gli apprendimenti scolastici successivi (ovvero è un precursore del senso del numero applicato). Per Sayers e Andrews (ibidem) il senso del numero richiede una specifica istruzione ed emerge solitamente nel primo anno di scolarizzazione. Questo rende il gioco CLS particolarmente adatto per la classe prima primaria, momento in cui si dovrebbe maggiormente lavorare sul FoNS.

Riconoscimento di numeri

All’inizio di ogni proprio turno di gioco in CLS, il bambino tira due dadi e poi individua i numeri rappresentati sulla faccia superiore di ciascuno dei due. Nel caso in cui i dadi utilizzati rappresentino la quantità con i classici “pallini”, si tratta di una identificazione del numero in una sua rappresentazione analogica e tale riconoscimento viene di solito esplicitato dal bambino traducendo quella rappresentazione analogica in una rappresentazione verbale di quegli stessi numeri.

Proseguendo nel gioco, il bambino può trasformare questa rappresentazione in una rappresentazione simbolica, per esempio annotando i numeri (questo compito potrebbe essere svolto da un bambino che svolge il ruolo di arbitro o di registratore della partita) oppure abbassando i tasti che riportano quegli stessi numeri in cifra (strategia tipicamente adottata dai giocatori inesperti).

Nel giocare, il bambino si trova quindi di fronte alla necessità di tradurre il numero in tutte e tre le rappresentazioni a cui possiamo fare riferimento cognitivamente (secondo il noto modello del triplo codice di Dehaene e Cohen, 1995). Questa osservazione, oltre a suggerire la complessità cognitiva dei processi di transcodifica coinvolti, appare particolarmente rilevante dal punto di vista degli apprendimenti matematici. Da una parte possiamo notare che la comprensione di diverse rappresentazioni del numero è proprio una delle componenti del FoNS. Dall’altra, questa è forse la prima situazione in cui gli studenti si trovano di fronte a una delle fondamentali proprietà degli oggetti matematici: secondo Duval (2008, p. 39) “la matematica, sia il suo insegnamento che le pratiche più avanzate, è il campo in cui l’uso dei segni è il più complesso e la gamma eterogenea di segni usati è la più estesa. Questo è dimostrato essere così intrinseco dell’attività matematica che possiamo sentirci di affermare che non c’è pensiero matematico senza usare rappresentazioni semiotiche per trasformarle in altre rappresentazioni semiotiche”.

In riferimento alle Indicazioni Nazionali per il curricolo, stiamo qui lavorando sull’obiettivo previsto per la fine della classe terza primaria “Leggere e scrivere i numeri naturali…”, ma soprattutto al traguardo “Riconosce e utilizza rappresentazioni diverse di oggetti matematici”.

Determinazione di somme

Una volta individuati quali sono i numeri rappresentati sui dadi, il bambino deve determinarne la somma (che nel gioco potrebbe essere chiamata il “totale” o semplicemente “il numero sui dadi” – si noti il plurale). Qualora i dadi riportino una rappresentazione analogica dei numeri, lo studente può ricorrere al conteggio dei “pallini” per determinare questa somma; può anche partire dalla rappresentazione verbale dei numeri e quindi procedere a strategie di conteggio rappresentando quello stesso numero con le proprie mani, con manipolativi o rappresentare simbolicamente la somma (questo viene fatto in particolare se uno studente svolge il ruolo di arbitro o registratore della partita). Siamo quindi di nuovo di fronte a svariati possibili compiti di transcodifica del numero (e dell’operazione!).

Osservare lo studente in questa fase permette di osservare le sue strategie di conteggio, valutandone l’evoluzione. Per esempio, si può osservare se lo studente conta semplicemente tutte le dita alzate (o i manipolativi o i pallini – se presenti sui dadi), oppure se parte a contare dal primo numero enunciato e prosegue, oppure se parte dal più grande tra i due numeri e prosegue, o semplicemente se enuncia un fatto aritmetico noto (Fuson, 1992; Carpenter & Moser, 1984). In questo tipo di compito sono coinvolte varie componenti del FoNS quali il “conteggio sistematico” e “semplici operazioni aritmetiche”.

La registrazione delle somme ottenute in varie partite può permettere anche alcune semplici osservazioni di tipo probabilistico, per esempio il fatto che il numero 7 compare come somma delle facce dei dadi molto più spesso dei numeri molto piccoli (2, 3, 4) o di quelli molto grandi (10, 11, 12).

Nel momento in cui la somma viene determinata (qualsiasi sia stata la strategia) viene enunciata ed eventualmente registrata dall’arbitro, dal bambino o dal docente. Nel momento in cui la somma viene registrata si utilizza una scrittura simbolica del tipo a+b=c introducendo il simbolo di uguaglianza nel modo in cui più classicamente viene trattato nella scuola primaria.

Possiamo qui fare riferimento a più obiettivi previsti dalle Indicazioni Nazionali per la classe terza: contare, rappresentare i numeri, eseguire semplici operazioni.

Scomposizione di un numero in una somma

Una volta determinato (ed eventualmente registrato) il valore riportato su due dadi, il bambini deve identificare una possibile combinazione di tasti che restituisca lo stesso valore come somma. Non è assolutamente scontato che il bambino identifichi questa operazione come una somma, e in particolare che si riferisca (a parole) a questa operazione nel contesto del gioco. La registrazione (in forma scritta, eventualmente simbolica) della scelta fatta potrebbe fornire l’occasione per una successiva formalizzazione, ovvero per avviare un processo di mediazione semiotica che permetta di esprimere il potenziale semiotico dell’artefatto.

Uno degli aspetti fondamentali di questo particolare compito è che il bambino, a differenza dei due compiti precedenti, ha la possibilità di scegliere. Dal punto di vista del gioco, è proprio questa scelta che può permettere di essere “strategici”. Dal punto di vista delle competenze matematiche, lo studente deve attingere a tutte le rappresentazioni additive del numero a cui riesce a pensare in quel momento. Un giocatore inesperto (dal punto di vista matematico) potrebbe riconoscere solo la coppia di numeri uscita sui dadi (e quindi abbassare i tasti corrispondenti) oppure la rappresentazione simbolica della loro somma (abbasserà quindi un solo tasto). Man mano che il bambino acquista esperienza (per es. osservando le scelte fatte da altri compagni più esperti o dall’insegnante) avrà a disposizione un numero sempre maggiore di fatti aritmetici a cui attingere per scomporre additivamente il numero.

La pluralità di rappresentazioni “non-canoniche” (Navarra, 2006) dello stesso numero è fondamentale nell’ottica della distinzione tra la rappresentazione (in cifre) del numero e l’oggetto matematico (inteso come ente astratto, che prescinde dalla particolare rappresentazione). In particolare, diverse rappresentazioni additive dello stesso numero sono particolarmente utili per acquisire flessibilità (Green & Rathgeb-Schnierer, 2020) intesa come “azione cognitiva che fa coincidere la combinazione di significati strategici con la struttura e le relazioni numeriche di un certo problema nell’individuazione di un processo di soluzione del problema” (p. 4).

Il bambino che è in grado di rappresentare un numero in diverse rappresentazioni additive può infatti sfruttarle (applicando la proprietà associativa dell’addizione) per risolvere in modo diverso i nuovi problemi additivi (o di sottrazione) che gli si porranno di fronte. Per esempio il bambino che riconosce che 7 può essere rappresentato sia come 5+2 sia come 4+3 potrà adottare la prima scomposizione quando deve affrontare un problema come 15+7=◻ oppure la seconda quando deve risolvere 17+7=◻.

Nel giocare, il bambino potrebbe anche ideare scomposizioni additive che coinvolgono più di due addendi, offrendo così l’opportunità all’insegnante di notare l’associatività dell’addizione in modo intuitivo (nella forma di teorema in atto, definita da Vergnaud, 1985, come la conoscenza intuitiva e non formale di una proprietà matematica). I bambini possono anche notare che i numeri più piccoli permettono molte più combinazioni dei numeri più grandi, elaborando quindi strategie quali abbassare per primi i tasti che riportano i valori maggiori.

Infine, la necessità di registrare la scomposizione della somma (nel caso in cui ci sia un arbitro o un registratore della partita) fornisce l’occasione per scrivere uguaglianze del tipo c=a+b, notando quindi la simmetria della relazione di uguaglianza e presentando così, sin da subito, il simbolo di uguale come bidirezionale. Si potrebbero in questo modo prevenire le ben note stereotipie nell’interpretazione del simbolo di uguaglianza (Carpenter et al., 2003).

Ci stiamo spostando da semplici obiettivi di abilità (come quelli elencati al termine di ciascuna delle sezioni precedenti) verso la competenza matematica descritta dai traguardi per le competenze relativi alla risoluzione di problemi che sono presentati nelle Indicazioni Nazionali per il curricolo del primo ciclo.

Confronto e ordinamento di numeri

Quando non è più possibile ottenere il numero rappresentato sui dadi come somma dei tasti disponibili, il giocatore calcola il punteggio finale sommando i tasti che sono rimasti alzati. Il bambino si trova quindi di fronte al complesso compito di determinare una somma di numeri che potrebbe dare un risultato maggiore di 20 (forzando l’insegnante ad andare oltre i limiti classicamente imposti dalle programmazioni scolastiche) dovendo quindi gestire sia l’operazione di addizione di più addendi, sia la rappresentazione di un numero di due cifre. Questo tipo di somma potrebbe scoraggiare strategie meno evolute (come il contare dall’inizio) a favore di strategie più efficaci. Da notare che in ogni caso è raro che il punteggio superi il valore 30.

L’operazione di determinazione del punteggio permette anche di osservare l’effetto degli addendi sulla somma: addendi maggiori portano a una somma maggiore. Questa osservazione può avere interessanti implicazioni di tipo strategico (è meglio abbassare prima i tasti con i valori più alti).

In ultima battuta, è necessario identificare il vincitore stabilendo il giocatore che ha avuto il punteggio più basso. Si possono mettere tutti i punteggi in ordine decrescente per stabilire una classifica (incidendo però così sugli aspetti competitivi del gioco). Anche in questo caso insistiamo su una componente del FoNS (discriminazione di quantità), ma con l’introduzione di numeri a più cifre abbiamo iniziato a lavorare anche sul senso del numero applicato. La linea dei numeri potrebbe diventare un supporto su cui piazzare i punteggi per ordinarli; in questo modo si introduce un ulteriore rappresentazione del numero.

Anche in questo caso ci troviamo a lavorare su una molteplicità di obiettivi e traguardi delle Indicazioni Nazionali: quelli relativi al confronto, alla notazione posizionale, alla retta numerica.

Analisi delle partite

Le Indicazioni Nazionali prevedono vari traguardi relativi alla risoluzione di problemi. Per esempio si dice che, al termine della scuola primaria, il bambino “Riesce a risolvere facili problemi in tutti gli ambiti di contenuto, mantenendo il controllo sia sul processo risolutivo, sia sui risultati. Descrive il procedimento seguito e riconosce strategie di soluzione diverse dalla propria”. Al fine di lavorare su questo tipo di traguardo è quindi necessario mettere a confronto le strategie messe in atto dai bambini durante il gioco, il che permette contemporaneamente di lavorare sulla loro capacità espositiva (importante per mettere in atto i primi processi di giustificazione e argomentazione) e contemporaneamente far notare che non tutte le strategie sono equivalenti in termini di efficienza rispetto al gioco o rispetto al calcolo da eseguire.

Si suggerisce quindi di alternare le sessioni di gioco con discussioni collettive in cui vengono mostrate le registrazioni di gioco (fatte individualmente o collettivamente) per commentare le mosse fatte, sia in termini di correttezza di calcolo, sia in termini di scelta strategica: si poteva fare un’altra mossa? Se sì, quale delle due mosse possiamo considerare migliore e perché?

Il confronto di strategie può portare a proporre situazioni problematiche anche complesse, ma decisamente stimolanti per i bambini. Per esempio si può fornire la registrazione di gioco di due bambini e chiedere chi dei due ha vinto e perché. Si può poi chiedere se avrebbero potuto fare delle scelte diverse e se il risultato del gioco sarebbe potuto cambiare.