Proposte di lavoro

Stone Age è un gioco complesso, che esemplifica il funzionamento tipico dei giochi da tavolo moderni. Ci sono vari modi per vincere il gioco, diverse strategie che corrispondono ad altrettante meccaniche. Tra queste, ce ne sono alcune che possono essere particolarmente feconde per l’apprendimento della matematica (e non solo). Con le regole semplificate presentate abbiamo lasciato da parte alcune di queste dinamiche di gioco. Tuttavia, questa versione semplificata già permette di lavorare su concetti matematici non banali, adatti ad essere introdotti a partire dalla classe terza della scuola primaria. Ne elenchiamo qui alcuni, tra i più evidenti. Chiaramente le possibilità possono essere molte, anche a seconda delle particolari partite che si realizzano in classe e dell’interesse dei bambini che può portarli a porsi vari problemi su come il gioco funziona.

Il posizionamento dei lavoratori: un approccio intuitivo alla probabilità

Forse uno degli elementi più interessanti di questo gioco è il fatto che il giocatore deve compiere delle scelte che influenzano le risorse di cui disporrà. In particolare, all’inizio di ogni turno ciascun giocatore è chiamato a scegliere il numero di membri della propria tribù che vuole dedicare alla raccolta di ciascuna delle risorse disponibili. Questa è forse la fase strategica del gioco ed è fortemente influenzata dalla consapevolezza del bambino relativamente alle fasi successive. 

Dal punto di vista matematico, il bambino stabilisce qual è il campo dei possibili esiti del lancio dei dadi – qui è importante il plurale. Il numero di dadi che vengono lanciati corrisponde al numero di lavoratori posizionati su una certa risorsa. Specialmente se c’è una pregressa esperienza nel gioco con i dadi, ogni bambino capirà perfettamente che, tirando un dado, il valore minimo che si può ottenere è 1 mentre il massimo è 6. Meno banale è stabilire come varia la gamma di possibili valori a seconda del numero dei dadi. Per esempio, si può notare che se si mettono 3 lavoratori (quindi si lanciano 3 dadi) sulla risorsa legno, sicuramente si otterrà almeno un’unità di legno. Viceversa, la probabilità di ottenere dell’oro piazzando un solo lavoratore è molto bassa (ma non nulla). Quando decide quanti lavoratori piazzare, anche se in modo intuitivo, il bambino effettua stime di probabilità. Il modo in cui questa probabilità varia può essere studiato con i bambini compilando insieme tabelle come quella mostrata qui sotto.

Lavoratori 1 2 3 4

Min 1 2 3 4 5

Max 6 12 18 24 30

Non stiamo qui suggerendo di introdurre già formalmente la probabilità come rapporto tra il numero di casi favorevoli e il numero di casi possibili. Questo sarebbe troppo complicato nel caso di 5 dadi e comunque fuori da quello che viene richiesto dalle Indicazioni Nazionali. Il traguardo proposto per la classe quinta primaria, infatti, ci richiede solo che il bambino “Nelle situazioni di incertezza (vita quotidiana, giochi, …) si orient[i] con valutazione di probabilità”. Non si parla delle formalizzazioni che saranno più proprie della scuola secondaria. Questo lo si evince bene anche dell’obiettivo previsto per la classe quinta, che suggerisce di proporre al bambino “in situazioni concrete, di una coppia di eventi intuire e cominciare ad argomentare qual è il più probabile, dando una prima quantificazione nei casi più semplici, oppure riconoscere che si tratta di eventi ugualmente probabili”.

Chiaramente il caso di Stone Age non è un caso banale, ma proprio per questo è interessante studiarlo spendendo un po’ di tempo a riflettere sulle diverse possibilità che ci sono. Il contesto del gioco fornisce anche una motivazione forte per il bambino a comprendere la natura dei fenomeni randomici in corso (“perché io ho così poco legno?”).

Questo tipo di riflessioni sono alla portata di bambini di classe terza, specialmente se si propone loro di lavorare in piccoli gruppi. Questa modalità di lavoro, supportata da opportune domande stimolo, può portare a lavorare anche sull’argomentazione delle stime di probabilità fatte, così come richiesto dalle Indicazioni Nazionali. 

Chiaramente la bontà delle argomentazioni può variare. Proprio qui interverrà l’insegnante durante un confronto con il gruppo o in una discussione collettiva di classe. Si lavorerà così in contemporanea su un obiettivo relativo all’apprendimento della probabilità e sulla competenza trasversale di argomentazione.

La raccolta delle risorse: un primo incontro con la divisione con resto

Comprendere questa fase del gioco è già di per sé una sfida linguistica e concettuale. Si tratterà di una situazione difficile per i bambini, ma che non dovrebbe essere fuori dalla loro portata. Nel caso delle regole semplificate, abbiamo cambiato leggermente la formulazione rispetto alla formulazione originale. Vediamole a confronto.

Si tratta di formulazioni simili, ma non identiche. Nella nostra, abbiamo voluto mettere l’accento sui pallini mostrati sui dadi. Si suggerisce quindi di partire dalla determinazione di questi. I bambini possono approcciare la determinazione della quantità di legno ottenuta in modi diversi

Per esempio, è possibile lavorare cercando gruppi di 3: il bambino può guardare “quanti tre ci sono sui dadi”. Si va quindi a determinare quanti gruppi da 3 si riescono ad ottenere. Questo potrebbe non essere facile nel caso in cui un gruppo da 3 sia formato da pallini su dadi diversi portando ad errori nel raggruppamento. In questo caso, si effettuano due operazioni, quella di raggruppamento e poi quella di conteggio dei gruppi che sono intesi come nuove unità (composite) da contare. Per vari autori (e.g. Steffe, 1994) il passaggio dal conteggio di unità singole a unità composite è proprio quello che identifica la differenza tra il pensiero additivo e quello moltiplicativo.

Una diversa possibilità è quella di effettuare un doppio conteggio: un primo conteggio “di 3 in 3” così come rappresentato sulla figura. Un secondo conteggio invece serve a tenere il conto di quante volte si dice 3. Questo tipo di conteggio viene chiamato, nella letteratura anglofona, transitional counting (Kouba, 1989). Ancora, un’altra possibilità è quella di contare prima di tutto il numero totale di pallini mostrati sui dadi (diciamo, per esempio, 16) e poi cominciare a contare all’indietro di 3 in 3: 16-15-14, 13-12-11, 10-9-8, 7-6-5, 4-3-2. In questo caso, si può cominciare a dire più propriamente di star eseguendo un’operazione di divisione (qui da intendersi come conteggio sistematico all’indietro o come sottrazione ripetuta). Man mano che si acquista esperienza con le tabelline, si può risolvere questo problema di calcolo semplicemente pensando al multiplo di 3 noto più vicino.

In tutti i casi stiamo risolvendo quello che tecnicamente si chiama un problema di divisione quotativa (chiamata anche di contenenza o di misura), ovvero stiamo cercando di rispondere alla domanda “Quanti 3 ci stanno in un 16?” (e non alla domanda “Quanto c’è in ogni gruppo se divido 16 in 5 gruppi uguali?” che caratterizza la divisione partitiva). Nella didattica della matematica alla scuola primaria facciamo spesso appello a questo modello della divisione, per esempio quando utilizziamo semplici divisioni in calcoli più complessi come quelli che si ottengono quando eseguiamo gli algoritmi scritti (la cosiddetta divisione in colonna).

In divisioni come queste (si veda anche l’esempio nella figura in fondo alla pagina "SA in classe") capita di ottenere un resto. Qui il resto è visto in stretta connessione con la moltiplicazione:

16 = 3 × 5 + 1

Ovvero vediamo che il 16 è composto da cinque gruppi da 3 pallini e avanza un pallino. Si tratta di una scrittura “trasparente” nel senso che traduce in modo quasi letterale quello che il bambino può osservare dalla sua operazione di conteggio. Forse non mette completamente in luce l’operazione di divisione in quanto non compare direttamente il simbolo di questa operazione, però ne mette in evidenza il legame con la moltiplicazione. Inoltre, si tratta di un uso corretto del simbolo di uguaglianza da preferire a quello che viene spesso proposto nei libri di testo (qualcosa del tipo 16:3=5R1) che riportano un uso errato dell’uguaglianza (quello che c’è a sinistra dell’uguale non è veramente uguale a quello che c’è a destra) e che è causa di misconcezioni nel successivo apprendimento dei numeri decimali – molti bambini, infatti, mostrano difficoltà nel comprendere la differenza tra 16:3=5R1 e 16:3=5,1.

Parlare della divisione con resto ci permette anche di sottolineare l’importanza di questo concetto. Spesso la divisione con resto viene trattata quasi come un argomento provvisorio, qualcosa che poi non ha più senso riprendere una volta che si è passati ai decimali e quindi alla divisione “esatta”. Notiamo invece che “Eseguire la divisione con resto fra numeri naturali; individuare multipli e divisori di un numero” è un obiettivo che le Indicazioni Nazionali pongono per la classe quinta (e non già per la classe terza anche se le basi per raggiungerlo si pongono già prima).

Il resto è un concetto molto importante dal punto di vista matematico, che troverà nuove applicazioni nell’algebra – della scuola secondaria di secondo grado e universitaria! Se, quando la moltiplicazione tra numeri decimali viene introdotta, ci si dimentica di tornare a “frequentarlo” rischiamo pesanti effetti sulle capacità degli studenti di usarlo in contesti problematici. 

L’acquisto dei progetti delle capanne: aritmetica relazionale

Quando si arriva al momento dell’acquisto dei progetti delle capanne, i bambini notano subito che le capanne acquistate con risorse più rare valgono più punti; per esempio, una capanna acquistata con pietra e argilla vale più punti di quelle acquistate usando solo del legno. Quello che potrebbe essere meno evidente è il fatto che, a seconda delle combinazioni di risorse, ci sono capanne che richiedono risorse diverse ma danno lo stesso numero di punti. Per esempio, perché la capanna acquistata con un legno e due argille vale tanto quanto quella acquistata con due legni e una pietra?

Suggerendo che una risorsa dello stesso tipo contribuisca sempre nello stesso modo al punteggio della capanna, si può spingere i bambini a determinare qual è il valore di ciascuna risorsa. 

Facendo riferimento ai progetti mostrati nell’immagine qui sopra, possiamo notare che il primo e il secondo differiscono di 2 e l’unica differenza nelle risorse utilizzate è che la pietra è sostituita con il legno; quindi, la differenza di valore tra pietra e legno è di 2. Nell’ultima carta abbiamo che due legni e una pietra danno 11 punti. Dato che la pietra vale due in più di un legno possiamo quindi pensare che se a due legni si aggiungesse un altro legno si dovrebbero ottenere 11–2=9 punti. Di conseguenza, ogni legno deve valere 3 punti. La pietra dovrà quindi valere 5 punti e quindi (dal punteggio della prima carta) l’argilla dovrà valere 4 punti.

Dal punto di vista matematico abbiamo risolto un sistema di tre equazioni in tre incognite. Lo abbiamo fatto però mettendo a confronto i valori numerici sulle carte e non utilizzando le tecniche di calcolo tipiche dell’algebra. In altri termini, ci siamo concentrati sulle relazioni che ci devono essere tra i numeri in gioco (per es. la pietra deve valere 2 in più del legno) piuttosto che sulle tecniche di calcolo. Questo tipo di approccio viene più propriamente detto di tipo relazionale (Skemp, 1976), in opposizione a un apprendimento della matematica di tipo procedurale o strumentale (ovvero focalizzato sulla tecnica di calcolo piuttosto che sul perché questa funzioni). Nel caso in cui queste attività vengano presentate a bambini di terza primaria, intervengono vari tipi di strategie. Molti bambini, per esempio, procedono per tentativi e successivi aggiustamenti. Ipotizzano il possibile valore di ciascuna delle risorse e verificano se con i valori ipotizzati si ottiene il punteggio scritto sulla carta. Se il punteggio così ottenuto è troppo alto, si abbassano i valori, viceversa li si abbassano finché non si ottiene il valore giusto.

 Per i bambini coinvolti nella nostra sperimentazione, l’attività di individuare il modo in cui ciascuna risorsa contribuisce al punteggio dato dalla capanna si è rivelata un’attività particolarmente semplice. Specialmente in quei casi in cui sul tabellone di gioco era appuntato il valore per cui bisogna dividere i punti sui dadi per comprendere quante risorse si ottengono nella fase di raccolta, è stato spontaneo fare un primo tentativo proprio con quei numeri. Pertanto, i bambini stessi hanno richiesto di poter avere una sfida maggiore. Le insegnanti hanno allora ideato questo tipo di attività: i bambini sono divisi in gruppi e ciascun gruppo pensa a diversi valori per ciascuna delle risorse. Il gruppo scrive quindi il punteggio che avrebbero alcune capanne con i valori da loro pensati e passa poi queste capanne a un altro gruppo che dovrà scoprire i valori che il primo gruppo ha dato a ciascuna risorsa.

A livello di classe terza molti bambini procedono unicamente per tentativi e successivi aggiustamenti. Sono però pronti a comprendere strategie differenti che si basano invece sulle relazioni tra quantità. Si tratta di un approccio all’aritmetica che, in letteratura, viene chiamato anche di early algebra. Con questo termine ci riferiamo a quei contesti in cui si cerca di maturare, in contesto aritmetico, forme di pensiero e strategie che sono tipiche del contesto algebrico. Non si tratta quindi di anticipare l’algebra e tantomeno il suo simbolismo. Piuttosto, si tratta di trattare gli oggetti dell’aritmetica (i numeri e le operazioni) con modalità che supportano il successivo apprendimento dell’algebra. Questo di solito viene fatto presentando problemi con valori incogniti o variabili. L’esempio presentato qui con le capanne è un esempio di problema in cui ci sono valori incogniti. Problemi con valori variabili possono essere affrontati nel contesto di Stone Age introducendo le carte a valore variabile (si veda la prossima sezione). Per sapere di più sull’early algebra si faccia riferimento al progetto ArAl e al recente testo di Navarra (2022).

Carte a valore variabile

Abbiamo notato più volte che le regole proposte qui non sono quelle del gioco originale, ma una semplificazione. Abbiamo selezionato solo alcune delle meccaniche del gioco come punto di partenza, per poi introdurne altre nel corso dell’anno scolastico. Una di questo sono le carte a valore variabile.

Analizzare una di queste carte e determinare tutti i possibili valori che può assumere non è un compito banale. Lo hanno fatto i bambini di alcune delle classi coinvolte nella sperimentazione con un buon successo. Inizialmente, la ricerca di tutte le diverse possibilità è disorganizzata e occorre aiutare gli studenti perché procedano in modo sistematico, senza dimenticare nessuna possibilità. Non si sono registrate invece particolari difficoltà nel comprendere che il valore della carta cambia di conseguenza e che ci sarà un punteggio minimo (ottenuto usando risorse facili da ottenere) e uno massimo (che corrisponde ad utilizzare le risorse più rare in maggiori quantità). Alcuni bambini hanno mostrato difficoltà nel notare che combinazioni apparentemente diverse erano in realtà uguali tra loro. Per esempio, nel caso in cui si debbano utilizzare due risorse di tipo diverso, si potrebbe avere LLPP (in cui usiamo L per indicare il legno e P per la pietra) oppure LPLP o ancora LPPL. In tutti i casi stiamo utilizzando due pietre e due legni e otterremo quindi sempre lo stesso punteggio.

Quest'attività non è risultata particolarmente difficile se non per le difficoltà descritte precedentemente. Lavorare sulla ricerca sistematica di diverse combinazioni può essere un modo interessante per sfruttare la matematica per costruire una competenza trasversale: l’organizzazione sistematica del lavoro da svolgere. 

Occorre sottolineare che questo tipo di attività non può limitarsi a una singola occorrenza. Nelle classi coinvolte nelle sperimentazioni, attività di riflessione si sono alternate al gioco. In un caso, l’occorrenza del gita scolastica di fine anno si è prestata a proseguire il lavoro. La classe si è recata all’archeodromo “Gli albori” di Campagnatico (GR), un museo all’aperto in cui è stata ricostruita la vita dell’uomo nel passato. Nella gita i bambini hanno osservato diverse tipologie di capanne costruite durante l’età della pietra e, nell’osservarle, hanno subito pensato a quali diverse risorse sarebbero servite per costruirle. L’insegnante ha colto al volo quest’opportunità per proporre ai bambini, una volta rientrati a scuola, di provare a valutare quale sarebbe stato il punteggio che ciascuna di quelle capanne avrebbe dato nel gioco Stone Age.